Vi piaceva Firenze nell’era Pre-Covid? E vi piace Firenze nell’era Post-Covid?
Rappresentano le due facce della stessa medaglia.

Firenze Pre-Covid era una città senza più identità, priva di offerte culturali di rilevo e di iniziative qualificanti, con esili alberi cinesi e priva di giardini in fiore. Con piazze restaurate ma rese anonime e poco fruibili, ricca di capolavori sì, ma ormai trasformata in un tristo turistodromo come disse Philippe Daverio qualche anno fa.
Firenze Pre-Covid era vittima di un turismo di massa straccione e famelico, deturpata da pali di tranvie già obsolete prima di essere inaugurate, da piccoli negozi etnici uguali tra loro e del tutto insignificanti, invasa da giovani immigrati, venditori illegali di orrende cianfrusaglie con le quali pavimentavano il centro storico, assediata da spacciatori e borseggiatori anche nelle vie più belle della città.
Una città caratterizzata dal “mangificio” ovunque, dalla scomparsa degli artigiani, e soprattutto dall’abbandono e dall’ esodo dal centro storico da parte dei Fiorentini e da parte di Uffici e Aziende.
Spesso passeggiando per il centro e facendo lo zig zag tra i turisti per strada, ho temuto che Firenze potesse sprofondare sotto il peso di quella enorme calca di visitatori. Un enorme cratere pieno di meravigliosi monumenti e turisti, che però non ne capivano il significato.
E in effetti, almeno metaforicamente, stava davvero sprofondando inghiottita nel cratere fumante della follia e della cieca avidità.
La Firenze Post Covid è una città fantasma. Il centro storico resta il capolavoro che abbiamo ereditato, ma vuoto di vita, risulta deprimente. Come se una silenziosa guerra atomica avesse dissolto gli abitanti lasciando solo i muri. Anche le vetrine dei brand famosi provocano disorientamento e i loro oggetti esposti sembrano dei totem aristocratici nel deserto.
Nudo di turismo col trolley, il centro storico mostra solo quello che i nostri avi ci hanno tramandato. Niente di bello e innovativo è stato aggiunto in questi ultimi venti o trent’anni.
I quartieri oltre le mura invece, hanno risposto meglio alla ripresa. Lì sopravvive un’economia articolata e varia. Da sempre trascurati, hanno ora la loro rivincita sulla monocultura del turismo che ha arricchito il centro prima di lasciarlo abbandonato e solo con la sua disperazione.
I negozi chiusi sul Ponte Vecchio, sono l’emblema di quella disperazione. Le storiche aziende orafe restano chiuse perché riaprire senza clienti non avrebbe senso. Anelli e collane devono poter essere toccati, per valutarli l’acquirente li deve anche indossare. E quelle aziende non rappresentano solo i commercianti, ma rappresentano il Ponte Vecchio nella sua unicità.
La Firenze di adesso è la conseguenza della Firenze di prima. La città si ritrova priva di quel tipo di turismo che la devastava e priva anche di una valida alternativa.
L’obiezione più frequente da parte dei tifosi sostenitori del non si può fare niente contro il declino di Firenze, è che tutte le città d’ arte hanno un destino comune. Obiezione che convince poco. Come se un sortilegio o una potenza superiore avversa, condizioni negativamente le città d’arte e i suoi abitanti, i quali devono rassegnarsi all’ineluttabile.
Sappiamo che non è così.
È solo più facile, più difficile è progettare le città.
Arriviamo al dunque, perché a criticare son buoni tutti. Quale visione per Firenze, quale strategia? Quali esempi di azioni concrete?
Che la politica sia l’arte di fare scelte lungimiranti e che Firenze adesso abbia necessità di una visione chiara, partecipata e condivisa con i propri cittadini e con le imprese che sono presenti sul territorio, è fuor di dubbio.
Una visione che consenta uno sviluppo culturale ed economico che possa attingere alle forze e alla determinazione della parte produttiva della città. Una visione che possa infondere fiducia nel futuro, che possa consentire a chi vuole e ne ha i requisiti di esperienza e competenza, di costruire una nuova Firenze, una visione che possa offrire spazio a chi lo ricerca e a chi voglia dare un contributo per incidere nella realtà che ci circonda.
Per dirla in modo politicamente poco corretto, la politica, pur in un ruolo prioritario, fornendo le linee guida, deve farsi da parte dal punto di vista operativo e il settore pubblico incidere molto meno, anche e soprattutto come costi.
Occorre l’efficienza, la determinazione, la motivazione e la meritocrazia del settore privato. Eventualmente, se ne è in grado, il settore pubblico può controllare.
Firenze ha da sempre un brand molto forte, nell’immaginario collettivo rappresentiamo una città d’arte, piccola , con una buona qualità della vita e con una forte identità.
Sappiamo che dopo il Corona Virus il settore del lusso continuerà a prosperare.
(”I fondamentali che porteranno questo mercato a continuare il suo percorso di crescita nel medio lungo periodo rimangono invariati e solidi” fonte Bain & Company).
Facciamo di Firenze una città per un turismo di élite, un’élite economica e culturale. Facciamo di Firenze una città con un’identità unica, che vuole come attori protagonisti i suoi abitanti, con le loro professioni, le loro botteghe e imprese. Diamo risalto alle Università straniere e italiane. E soprattutto creiamo un’offerta culturale e artistica in grado di richiamare l’attenzione internazionale.
Ripensiamo completamente Firenze, partendo dal Centro Storico, per unirlo in un unico progetto con tutti i quartieri della città. Non è credibile né utile un centro storico completamente scollegato dal resto della città.
Occorre un progetto coraggioso e dettagliato, condiviso e partecipato, che unisca le quattro leve strategiche di una nuova Firenze: Aziende, Lusso, Cultura e Cittadini.
Rafforziamo la nostra identità per non essere una Disneyland come tante, destinata a soccombere al primo cambiamento. (Paradossalmente le città svuotate della propria identità a favore di un turismo di massa, col tempo non saranno più attrattive neanche per quel tipo di turismo).
Del resto non ha neanche senso chiedere aiuti economici al governo se poi non si ha in mente quale è il nuovo modello che vogliamo per Firenze, o peggio ancora sarebbe riproporre la solita soluzione anche in tempi di vuoto turistico quando il modello “mangificio” era già insopportabile in passato.
Alcune idee per una Firenze nuova:
- Parco delle Cascine: facciamo del Parco delle Cascine il nostro Central Park. Con le stesse regole di fruizione, con attrazioni per tutti, per turisti e cittadini.
Sappiamo che adesso il Parco e in mano alla criminalità. Come lo erano, negli anni ottanta, Central Park e Manhattan. Riportiamolo alla sua bellezza. Riappropriamoci del nostro polmone della città. Ma non per farne sede di pranzi domenicali, ma per viverlo quotidianamente, con eventi culturali, teatrali, sportivi. Inseriamo operatori commerciali di alto livello, che offrano servizi per un turismo di lusso e culturale. - Portiamo la gestione e lo sviluppo del Lavoro in città. Il grande fallimento di navigator o centri per l’impiego è sotto gli occhi di tutti. Senza lavoro la città muore. E senza lavoro muoiono anche i fiorentini. Creiamo un’agenzia per il lavoro per la città di Firenze, gestita da privati professionisti, che incroci la domanda e l’offerta di lavoro in tempi rapidi e in modo efficiente. Con la soddisfazione delle imprese e dei lavoratori. In piena meritocrazia.
- Al posto dei 60.000 addetti al controllo statali, pagati con soldi pubblici, non formati e immagino anche non motivati e non professionali, che vanno ad aggiungersi al nostro debito pubblico, Firenze scelga di offrire lavoro ai professionisti (magari non come addetti alla sorveglianza dei cittadini o degli imprenditori, ma come supporto per garantire sicurezza in città). Scelga gli addetti al controllo privati, sia professionisti sia società specializzate, che investono in formazione e che sanno fare il proprio mestiere.
- Ripensiamo le case. Adesso i fiorentini non abitano più in centro, nessun parcheggio, scomodità, movida, prezzi altissimi. Creiamo insediamenti di edilizia abitativa per le persone, con servizi come giardini, palestre, ambulatori e attrezzature sanitarie in condivisione.
- Aeroporto: facciamo diventare l’Aeroporto di Peretola il primo aeroporto per un turismo di lusso in Italia, con servizi e prodotti per questo target di riferimento, di cui beneficerebbero tutti gli operatori economici della regione.
- Ripensiamo le Università per stranieri e per studenti italiani. Che attirino i migliori studenti e i migliori docenti da tutto il mondo. Creiamo una città per chi studia.
- Creiamo una grande scuola artigiana. Così da attrarre studenti da tutto il mondo. Con forti partnership con le grandi aziende del lusso.
- Sviluppiamo eventi e luoghi per ogni forma d’arte, per il teatro, la musica, la fotografia. Purtroppo spesso assenti.
- Facciamo ripartire i cervelli, creiamo un grande evento culturale fiorentino, invitando i migliori “cervelli” da tutto il mondo, architetti, ingegneri, artisti, politici, scienziati, filosofi. Coloro che possono darci una mano a immaginare e disegnare la Firenze del presente. Purché non siano convegni simili a scatole vuote inutili che servono solo per migliorare l’immagine di chi li promuove.
Facciamo di Firenze terra di cultura e di impresa e soprattutto terra di lavoro.
La città deve tornare nelle mani di chi la abita, di chi lavora, di chi ci investe, per farla funzionare, per farla crescere, per renderla sempre più aperta e innovativa e realmente internazionale.